QUOTIDIANO DI PUGLIA, 1 luglio 2001
Il romanzo di un giovane salentino, “L’attenuante 666”, tira in ballo il demonio e le sue “doti”
LE MILLE FACCE USATE DAL DIAVOLO
di Giorgio Barba
Un processo al diavolo nel nuovo millennio. È questa la storia raccontata nel libro L’attenuante 666 di Paolo Dune. Il male, il peccato, la colpa originaria, l’orgoglio, il desiderio ai conoscenza, la limitatezza dell’uomo, il fanatismo religioso sono alcune delle tematiche affrontate in quello che potrebbe definirsi un romanzo teo-legale, tra la teologia e la legalità umana o,come lo definisce lo stesso autore, un romanzo teologico-giudiziario. La trama si svolge tra intrichi dogmatico-religiosi e intrighi politici, tra lo scetticismo scientifico e la credulità millenaristica, tra la logica ferrea della norma e la sua interpretazione flessibile. Vi partecipano, oltre agli uomini e ai diavoli fedeli a Satana, che cercano perfino di liberarlo dall’inferno del suo nuovo carcere in Svizzera, persino gli angeli. Unico grande assente, Dio, il creatore che non si abbassa al livello delle sue creature.
Il romanzo si apre in maniera concitata. Viene catturato un povero diavolo incosciente e maldestro che spiffera tutto e diventa subito un pentito. L’obiettivo del governo francese, d’accordo con quello tedesco, è catturare il capo dell’inferno, Satana in persona. Un commando entra in azione e a Berlino il principe delle tenebre viene preso, dopo essere stato ferito. Si potrebbe risolvere tutto uccidendo subito l’essere infernale, invece prevale il garantismo e per questo motivo si imbastisce un processo al diavolo, in cui il grande accusato si trasforma ben presto nel grande accusatore di Dio stesso. Non è facile mettere nel sacco l’antico serpente, che con la sua viscidità e la lingua biforcuta semina negli uomini il seme del dubbio.
Ma è soprattutto la legge dell’uomo che, nel giudicare la giustizia divina, conosce i suoi limiti. L’avvocato del diavolo è bravo a trasformare l’imputato in vittima e a far raccontare al mondo, attraverso i mass media, le sue verità. Il libro è piacevole da leggere, proprio perché l’autore non tenta di esporre principi teologico-religiosi, filosofici o moralistici, ma si diverte a banalizzare alcune posizioni raccontando in maniera credibile fanatismi, pregiudizi, deliri di onnipotenza, stravaganze, bizzarrie, follie del genere umano. Dune racconta le vicende con spigliatezza, creando attimi di vera e propria suspense, alternando pagine in cui prevale l’azione a pagine in cui le questioni teologiche vengono affrontate da un punto di vista adogmatico, a pagine di vera e propria ilarità, in cui alcuni personaggi, che interpretano con convinzione il loro ruolo, risultano ridicoli.
G.B.
Superstizione, magia e timore del diavolo pervadono, anche la cultura popolare del Salento, nè potrebbe essere diverso. Al diavolo, la massa si avvicina qui come altrove con strumenti critici propri e con un atteggiamento a metà fra l’arguzia e la semplicioneria.Un proverbio salentino recita infatti “A Ddiu dduma na candila, a llu diaulu ddoi” (“A Dio accendi una candela, al diavolo accendine due”), motto che già mette in evidenza il tipico approccio cinico e spregiudicato del volgo che cerca di ingraziarsi in tutti i modi i potenti.
L’antico retaggio medievale e la dominazione spagnola non risparmiarono al Salento una cultura improntata a credenze e a pratiche irrazionali. Molte sono le leggende legate al diavolo nei paesi salentini. Se da un lato la Chiesa offriva esempi di elevazione spirituale e di santità, dall’altro epidemie, sciagure ed eventi negativi venivano attribuiti alla costante presenza di un essere malvagio che continuamente attentava alla salvezza dell’anima tentando il corpo.
Così a Francavilla, Fontana, per esempio, nel 1727 Maria Caterina Salinaro, “bizzoca dell’ordine carmelitano” confessava di essere stata l’amante del diavolo davanti al Tribunale ecclesiastico.
A Montemesola si narra, invece, che un uomo, cercando il tesoro dei cartaginesi, avesse incontrato il diavolo, La leggenda racconta che il diavolo, per rivelargli il nascondiglio, gli avesse chiesto in cambio il sacrificio di “una creatura innocente”. L ‘uomo, che tentò invano di portargli la propria figlia, diventò pazzo.
Anche a Tricase si parla di un tesoro del diavolo sepolto sotto la Chiesa Nuova edificata in una notte per scommessa dal diavolo il quale, per giunta, venne persino beffato. Per non parlare del campanile di Soleto, fatto innalzare dal mago alchimista Matteo Tafuri che in una notte tempestosa chiamò dall’inferno una schiera di diavoli e streghe.
Anche nella città di Lecce più volte è stata percepita la presenza del diavolo, come nel monastero di San Giovanni Evangelista, dove fu assalita senza successo suor Olimpia Guarini; oppure sul lato destro della chiesa di S. Francesco di Paola, dove è scolpito un diavolo che urla; oppure nella mancata realizzazione della colonna della chiesa di San Matteo, dovuta a1l’invidia del diavolo nei confronti dello scultore, fatto morire prima di completarla.
Ma nel Salento nell’immaginario collettivo rimane ancora il ricordo del le “macare”, le più famose delle quali quelle di Soleto.
Sono le streghe, le fattucchiere, le figlie della notte, donne anziane vestite di nero che fanno fatture, malie e magie. Sono ormai in via di estinzione, sopraffatte dalla modernità, dalle sette sataniche o pseudosataniche che operano anche nel Salento e, barcamenandosi tra la credulità, lo spiritismo e l’erotismo, spesso diventano oggetto di cronaca nera.