Errori Evangelici: passione

Errori Evangelici: passione

La Pasqua di Gerusalemme

  • I SINOTTICI riferiscono che a Gerusalemme Gesù cacciò i cambiavalute dal tempio appena prima del suo arresto, laddove GIOVANNI (2,13-16) colloca l’evento nei primi tempi del suo ministero.
  • MATTEO descrive l’Ultima Cena di Gesù con i suoi apostoli come un pasto pasquale (26,17: “Il primo giorno degli Azzimi”), dicendo che Gesù viene crocifisso il giorno dopo, mentre secondo GIOVANNI l’Ultima Cena avvenne prima della Pasqua (13,1: “Prima della festa di Pasqua”).
  • Secondo i SINOTTICI, durante l’Ultima Cena si svolse il rituale dell’Eucaristia. Tuttavia per gli ebrei il sangue era una sostanza ‘immonda’, e sorprende che, quando Gesù inviti a bere il vino come fosse il “suo sangue”, i commensali non si scandalizzino. Colpisce anche che GIOVANNI, pur descrivendo dettagliatamente la cena, ometta completamente questo episodio, narrando invece di un rituale della “lavanda dei piedi”, ignorato dagli altri.
  • Nei SINOTTICI, prima dell’arresto, Gesù prega sul Monte degli Ulivi, ma l’episodio (come quello della trasfigurazione) è omesso da GIOVANNI, che era l’unico evangelista presente.
  • Un gallo canterà due volte nella notte della passione, ma a quel tempo non vi erano galli in Palestina (furono importati successivamente).
Il processo
  • Le sedute del Sinedrio, il supermo tribunale ebraico, si svolgevano in udienze pubbliche nel Beth Din, una parte del tempio di Gerusalemme, mentre quella in cui viene giudicato Gesù si svolge privatamente nella casa del sommo sacerdote Caifa (secondo GIOVANNI nella casa del sacerdote Anna). Tra l’altro, i due sommi sacerdoti, Caifa e Anna, non potevano essere in carica contemporaneamente, come sostiene LUCA (3,2). Le sedute si svolgevano nei giorni feriali, dal mattino al pomeriggio, mentre la seduta di Gesù si svolge durante una festività sacra, e per di più di notte (a esclusione di LUCA, secondo cui Gesù fu condotto al Sinedrio “appena fu giorno”). Durante la stessa notte MATTEO trova perfino il tempo di far intervenire dei falsi testimoni (26,59)! In ogni caso, al processo non partecipavano gli scribi, come sostengono MATTEO e LUCA (26,57; 22,66), e la condanna veniva chiesta dalla parte lesa o dall’accusa, mentre qui è lo stesso presidente a chiederla.
  • Dopo essere stato giudicato dal Sinedrio, Gesù è condotto al cospetto di Ponzio Pilato, il proconsole dell’Impero in Palestina, per un ulteriore giudizio: atipico, dal momento che i due organi avevano competenze diverse. La descrizione di Pilato, come di un uomo perplesso circa la colpevolezza di Gesù, che voleva addirittura salvarlo dalla condanna, è priva di fondamento: dalle fonti risulta che Pilato era un uomo privo di scrupoli (responsabile di grandi crudeltà, come accennato anche da LUCA, 13,1), e certo non si curava dell’innocenza di un ebreo. Tra l’altro, non è chiaro perché si lasci soggiogare dalla volontà dei sacerdoti (il proselitismo cristiano rivolto all’Impero Romano, nel II secolo, rese evidentemente necessario “ammorbidire” l’immagine di Pilato, per far ricadere sugli ebrei la responsabilità della condanna).
  • Come se il doppio giudizio non bastasse, secondo LUCA (23,6ss), Pilato mandò Gesù anche al cospetto di Erode, il tetrarca della Galilea, che in quei giorni si trovava a Gerusalemme (un giudizio di Cassazione?). La circostanza, di per sé bizzarra, non ha fondamento giuridico, poiché la competenza era comunque della Giudea, ed Erode non aveva poteri in quella terra. Ma ciò consentirà all’evangelista di citare, a proposito di questo evento, negli ATTI DEGLI APOSTOLI (4,26ss), il SALMO 2 che aveva annunciato: “Insorgono i re della terra e i principi congiurano insieme contro il Signore e contro il suo Messia”.
  • Tra l’interrogatorio e la sentenza dovevano trascorrere almeno 24 ore, mentre qui la condanna è immediata. La pratica di “lavarsi le mani” in segno di innocenza non era romana, bensì giudaica, e sicuramente poco appropriata per Pilato. Inoltre, non risulta da alcuna fonte l’usanza romana di liberare un prigioniero in occasione della festività di Pasqua (i romani non avevano una particolare considerazione per le festività giudaiche e non avrebbero mai liberato soggetti pericolosi). Il nome Barabba, peraltro, non esisteva all’epoca, e sembra un curioso soprannome (“Bar-Abba”: Figlio di Dio). Infine, considerata l’accoglienza trionfale che la folla aveva riservato a Gesù pochi giorni prima, non è spiegato il motivo per cui la stessa gente lo faccia mettere a morte.
La passione
  • L’esecuzione di Gesù mediante crocifissione è di stampo romano, e questo suggerisce una natura politica della condanna. Se la condanna fosse stata inflitta per motivi religiosi, Gesù sarebbe stato lapidato dalle autorità ebraiche. Di contenuto politico è anche la scritta apposta sulla croce, sebbene i Vangeli non sono concordi sul suo esatto contenuto.
  • Non era possibile parlare stando in croce, perché il torace era compresso dal peso del corpo. Il dialogo tra Gesù e i due ladroni è inverosimile. E non a caso, ogni evangelista attribuisce a Gesù ultime parole differenti. Quelle di MATTEO sono ispirate al SALMO 22: “Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?”. Dallo stesso salmo deriva anche la divisione delle vesti: “si dividono le mie vesti, sul mio vestito gettano la sorte”. L’aceto che gli viene fatto bere è tratto dal SALMO 69: “quando avevo sete mi hanno dato aceto”.
  • MARCO dice che Gesù fu messo in croce all’ora terza. MARCO e MATTEO precisano che egli spirò all’ora nona (le 3 pomeridiane); mentre LUCA che egli spirò all’ora sesta (mezzogiorno). La rapidità della morte consente agli evangelisti di giustificare la sepoltura entro il tramonto, secondo la tradizione ebraica, ma anche realizzare la risurrezione entro il terzo giorno (sebbene, in realtà, non siano tre giorni da venerdì a domenica).
  • Secondo GIOVANNI la madre di Gesù era ai piedi della croce (non è chiaro come e quando sia giunta a Gerusalemme), mentre i SINOTTICI, pur citando le altre donne al Calvario, omettono la sua presenza.
  • MATTEO racconta che alla morte di Gesù: “Il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la terra si scosse, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi morti risuscitarono” (27,50). Un evento di tale portata è assolutamente privo di riscontro storico. Il tempio di Gerusalemme fu raso al suolo dall’esercito di Tito nel 70 d.C.
  • Subito dopo la sua morte, Giuseppe d’Arimatea, un discepolo segreto, chiese a Pilato il corpo di Gesù per seppellirlo in una tomba privata. Pilato (che a quanto pare era a completa disposizione quel giorno) lo concesse senza indugi. Eppure, secondo l’uso romano, i corpi dei crocifissi dovevano restare appesi al palo per diversi giorni, come monito per il popolo. E, per tradizione, erano i parenti ad occuparsi della sepoltura. Inoltre, secondo la legge giudaica, i suppliziati erano deposti in un luogo infame, in base alla norma biblica: “Maledetto è chiunque sia stato appeso ad un legno” (DEUTERONOMIO 21,23).
Morte di Giuda
  • MATTEO narra che, pentitosi del suo tradimento, Giuda Iscariota restituì i trenta danari ai sacerdoti del tempio, i quali con esso comprarono un terreno, il “Campo del vasaio”. In questo modo, si adempiva “quanto era stato detto dal profeta Geremia: E presero trenta denari d’argento, il prezzo del venduto, che i figli di Israele avevano mercanteggiato, e li diedero per il campo del vasaio, come aveva ordinato il Signore” (MATTEO 27,9). Questa citazione, però, non si trova in GEREMIA, bensì in ZACCARIA (11,12-13), e non è una profezia, in quanto Zaccaria si lamentava che i trenta denari con cui era stato pagato era un cifra irrisoria, che offendeva il Signore. “Essi allora pesarono trenta sicli d’argento come mia paga. Ma il Signore mi disse: «Getta nel tesoro questa bella somma, con cui sono stato da loro valutato!» Io presi i trenta sicli d’argento e li gettai nel tesoro della casa del Signore”. Ignorando cosa fosse il “tesoro”, ossia il “vaso” posto all’ingresso del tempio, dove venivano raccolte le elemosine, MATTEO trasforma l’espressione in “Campo del vasaio”, come se si trattasse di un terreno.
  • Essendo 30 denari una cifra modesta già ai tempi di Zaccaria, non è possibile che Giuda abbia tradito Gesù per questa somma, come non è possibile che con essa sia stato acquistato un terreno (MARCO 6,37, che ignora l’episodio dei 30 denari, afferma che per sfamare la gente al seguito di Gesù servivano 200 denari di pane).
  • Dopo aver restituito i denari, secondo MATTEO (27,3), Giuda fu preda del rimorso e andò ad impiccarsi. Ma gli ATTI DEGLI APOSTOLI descrivono un destino diverso, senza pentimento: “Giuda comprò un pezzo di terra con i proventi del suo delitto e poi precipitando in avanti si squarciò in mezzo e si sparsero fuori tutte le sue viscere” (1,18). Sono diverse sia le dinamiche, sia i momenti della morte. Ed una terza leggenda sulla morte di Giuda è presente nella letteratura apocrifa (per conciliarle tutte si potrebbe credere che Giuda sia morto e risorto un paio di volte).
La risurrezione di Gesù
  • MARCO racconta di tre donne (Maria di Màgdala, Maria di Giacomo e Salomè) che si recarono di buon’ora al sepolcro dove era stato sepolto Gesù, trovandolo vuoto, e di un giovane vestito di bianco che annunciò l’avvenuta risurrezione. MATTEO racconta di due donne (Maria di Màgdala e “l’altra” Maria), nonché di un improvviso terremoto e di un angelo del Signore che scese dal cielo a rotolare la pietra del sepolcro annunciando la risurrezione. LUCA racconta di diverse donne (tra cui Maria di Màgdala, Giovanna e Maria di Giacomo) che trovarono la pietra del sepolcro rotolata, e di due uomini che annunciarono la risurrezione. GIOVANNI, infine, racconta che solo Maria di Màgdala si recò al sepolcro e, trovatolo vuoto, tornò a chiamare gli altri. Più tardi, sola al sepolcro, vide due angeli e lo stesso Gesù trasfigurato, che le annunciò cosa era accaduto.
  • Secondo MATTEO l’apparizione di Gesù agli apostoli avvenne su un monte della Galilea (28,16), secondo MARCO e LUCA accadde mentre i discepoli erano a mensa a Gerusalemme (16,14; 24,43). Secondo GIOVANNI una prima volta quando erano a mensa, un’altra otto giorni dopo, ed un’ultima sulle rive del lago di Galilea. Secondo gli ATTI DEGLI APOSTOLI Gesù apparve ai discepoli per 40 giorni consecutivi.
  • LUCA ci dice che Gesù ascese al cielo dalla città di Betania (24,50), MATTEO suggerisce che fu da un monte della Galilea (28,16-20), MARCO afferma che avvenne da una stanza in una casa a Gerusalemme (16,14-19), gli ATTI DEGLI APOSTOLI stabiliscono invece dal Monte degli Olivi, appena fuori Gerusalemme (1,4-12), il Vangelo di GIOVANNI omette l’episodio.
  • Secondo GIOVANNI, durante la prima apparizione ai discepoli, Gesù “alitò su di loro e disse: ricevete lo spirito santo” (20,22). Secondo gli ATTI DEGLI APOSTOLI, dopo che Cristo era stato assunto in cielo, “venne all’improvviso dal cielo un rombo… apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno… ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo” (2,2-4). Colpisce che proprio la discesa dello Spirito Santo, considerato l’ispiratore dei Vangeli, non sia descritta in modo univoco.
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Si può comprendere, a conclusione, il motivo di diffidenza della Chiesa per la divulgazione di questi testi, che, senza una sua interfaccia interpretativa, lasciano molte domande aperte.
Nei Vangeli c’è una totale indeterminatezza di luoghi e di date (assistendo a dei prodigi chiunque sarebbe portato ad annotare almeno il giorno), non ci sono riferimenti al contesto storico, e sorprende l’assenza di descrizioni fisiche o psicologiche del personaggio principale: Gesù Cristo, ritenuto l’uomo più importante dai suoi discepoli.
La narrazione dei Vangeli in “terza persona” suggerisce che gli autori non pretendessero di essere testimoni oculari dei fatti (spesso sono descritte scene cui nessun discepolo è presente), ma che mirassero a mettere per iscritto una tradizione orale elaborata nei secoli precedenti.
La distruzione di Gerusalemme nel 70 d.C. aveva segnato la fine delle sette nazionaliste giudaiche e diffuso nell’Impero Romano confusi frammenti delle loro dottrine. Privi di documenti storici, i cristiani scrissero la storia del Salvatore servendosi principalmente delle profezie bibliche e dei miti dell’epoca, primo fra tutti l’idea della “risurrezione di Dio”, attinta dal culto di Osiride, che proprio in quegli anni si stava diffondendo nell’Impero…
1 febbraio 2005
Fonti bibliografiche:
La Bibbia di Gerusalemme, EDB, 1974;
I Vangeli Apocrifi, Einaudi Tascabili, 1990;
La Bibbia apocrifa, Massimo, Milano, 1990;
– Giuseppe Flavio, La guerra giudaica, Mondadori, 1995;
– Giuseppe Flavio, Storia dei Giudei, Mondadori, 2002;
– Voltaire, Dizionario filosofico;
– Ernest Renan, Vita di Gesù, Newton Compton editori, 1994;
– Ambrogio Donini, Storia del cristianesimo, ed. Teti, Milano, 1997;
– Luigi Cascioli, La favola di Cristo;
– Jacopo Fo, Laura Malucelli, Gesù amava le donne e non era biondo, ed. Nuovi Mondi, 1999;
– Chiristopher Knight e Robert Lomas, La chiave di Hiram, Oscar Mondadori, 1997;
– Graham Phillips, Il mistero del sepolcro della Vergine Maria, Newton-Compoton editori, 2000;
– Keith Laidler, Il segreto dell’Ordine del tempio, Sperling & Kupfer, 2001;
– Michael Baigent, Richard Leigh, Il mistero del Mar Morto, il Saggiatore, 2000;
– Giuseppe De Cesaris, Congiunzioni Giove-Saturno e Storia Giudaico-Cristiana, keybooks, 2001.
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